Pensare è qualcosa che facciamo tutti, così come tutti mangiamo, ma come nel mangiare, anche nel pensare ci sono abitudini sane e abitudini malsane di cui dobbiamo diventare consapevoli, soprattutto in un’epoca in cui sempre di più la responsabilità del pensiero viene delegata alla tecnologia.

Queste sono le tre categorie chiave del cosiddetto “Pensiero Aperto”: il pensiero creativo implica la generazione di nuove idee, il pensiero critico riguarda l’analisi approfondita di idee e fatti al fine di prendere decisioni etiche e tempestive e il pensiero applicato è l’impegno a mettere in atto ciò che abbiamo deciso.

Affinché si possa sviluppare un pensiero aperto i due poli della riflessione e dell’azione devono essere sempre ben bilanciati ed equilibrati, altrimenti si rischia di incorrere in tre possibili cattive abitudini:

il “pensiero indifferente”, l’errore in cui incorrono coloro che portano avanti passivamente abitudini e schemi precedentemente appresi, rifiutando l’opportunità di provare qualcosa di diverso e precludendosi crescita, cambiamento e nuove idee;

il “pensiero indeciso”, di cui sono vittime coloro che meditano all’infinito sulle varie possibilità e non riescono mai a prendere decisioni, ritrovandosi in uno stato di paralisi dell’azione;

il “pensiero inflessibile”, che subentra quando saltiamo immediatamente all’azione o a conclusioni affrettate, senza un’appropriata riflessione. Il rischio, oltre a decisioni avventate, è quello di impedirci di immaginare nuovi scenari e imparare cose nuove.

Possiamo pensare in modo aperto solo quando ottimizziamo con consapevolezza i tempi dedicati alla riflessione e all’azione, in un flusso costante e dinamico tra sognare, decidere e fare.

da

“Open to think”

presentato da Romano Pisciotti

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