Un tempo era la seconda attività economica dell’Isola, ma dopo l’unità d’Italia fu lentamente abbandonata.
La Sicilia è stata una delle tappe più fiorenti della Via della Seta, nelle zone dei Nebrodi, la coltivazione del gelso e l’allevamento del baco da seta erano tra le maggiori fonti di guadagno.
La seta ha origini antichissime, per brevità diciamo che i Bizantini portarono l’allevamento del baco da seta in Europa e che in seguito alla conquista della Sicilia da parte degli Arabi, l’allevamento dei bachi divenne una delle attività più redditizie, al punto da creare uno stile ben definito: “alla siciliana”, tanto che per circa un secolo, le sete siciliane giunsero nelle piazze mercantili più importanti d’Europa.
La seta rappresenta per la Sicilia orientale un bene di consumo, una trasformazione locale e soprattutto un prodotto di esportazione.
Quella che non veniva esportata era destinata alle botteghe di filatori e tessitori delle uniche tre città isolane, Messina, Palermo e Catania, che potevano effettuare le fasi successive del ciclo produttivo. Si dava vita ad abiti preziosi, velluti e tessuti utilizzati per i paramenti sacri.
La fine di un’epoca, si ha quando la città dello Stretto perse il privilegio dell’esportazione esclusiva della seta nel 1664, la produzione e commercializzazione ebbe conseguenze disastrose.
Il governo, nel 1727, istituì sia a Catania che a Messina, il Consolato della nobile arte della seta per privilegio di Carlo VI, re di Sicilia. In quegli anni i Consolati ricoprono un ruolo di rilievo. Controllano la qualità dei prodotti, ma influenzano altresì la vita politica ed economica dell’isola.
Tra queste non si può che menzionare Palazzo Auteri (ubicato tra le Terme dell’Indirizzo e il Castello Ursino), una delle seterie italiane tra le più importanti, senza dimenticare Messina dove ha sede l’attuale Museo.
Il commercio della seta in Sicilia, come abbiamo accennato, era regolato dai Consolati della seta di Messina, Catania e Palermo, molte furono le contese nel corso degli anni per il monopolio della seta tra le tre città. Nel 1776 anche Acireale, di antica tradizione, si candidò a divenire Consolato per lavorare in proprio la seta, le tre città, però, si opposero alla candidatura. Le cose cambiarono soltanto nel 1781 quando fu abolito il decreto che limitava l’esercizio alle sole città del Consolato. Alla fine del XVIII secolo l’industria serica decadde nell’isola.
Il terremoto del 1783 segnò l’inizio della decadenza dell’attività bachi-sericola, anche a causa di una malattia che aveva colpito il baco.
La via della seta ritorna in Sicilia. Non solo tessuti ma anche gioielli e “perle”
Oggi alcuni piccoli imprenditori provano a recuperare la tradizione, anche utilizzando metodi innovativi. L’esperienza dell’allevatrice messinese Teresa Rizzo proprietaria di un’azienda agricola a Savoca, in provincia di Messina. Un ettaro di terreno che da qualche anno ospita anche un piccolo allevamento di bachi. “Un tempo il messinese era il territorio maggiormente vocato alla produzione della seta. Poi la tradizione si è persa, ma oggi stiamo cercando di farla rinascere”, spiega Rizzo a FocuSicilia. Il suo allevamento ha una peculiarità. “Noi non produciamo la seta a scopo tessile, ma puntiamo sulla realizzazione di gioielli, pendenti, collane e ciondoli”, spiega la produttrice.
Presentato da Romano Pisciotti